Anisakis: UN CASO CLINICO
Sulla rivista Professione Veterinari del 10 luglio scorso è apparso un articolo curato da D. Sola, S. Antonelli e C. Federici: l'articolo tratta un caso clinico molto interessante, che vede coinvolta una signora di 63 anni che si presenta presso la struttura sanitaria della sua città, causa una recrudescenza di una pirosi retro-sternale, protrattasai da almeno due mesi.
Nei 20 giorni precedente il ricovero la paziente lamentava dolori non trascurabili nella zona epi e meso-gastrica, con irradiazione posteriore nella regione dorsale. I dolori acuti si attenuavano solamente dopo i pasti.
Il colloquio con i sanitari non evidenzia nulla di particolare, se non il fatto che è abitudine della paziente acquistare e marinare in ambiente domestico diversi esemplari di Engraulis encrasicolus.
Le analisi ematiche e radiografiche non evidenziano nulla di particolare. Si decide di procedere con un esame endoscopico gastrico-duodenale. L'esame visivo non rivela molti particolari se non un'ulcera a losanga a livello dello stomaco. Le biopsie multiple dalla porzione ulcerata permettono invece l'estrazione di un verme biancastro vivo e vegeto.
L’esame istologico dei campioni bioptici confermerà il reperto di ulcera gastrica perforata con peritonite saccata.
L’esame microscopico a fresco del verme, identificherà il parassita ascrivendolo al genere Anisakis sp.
L’Anisakis è un parassita nematode che passa da ospiti intermedi come pesci e molluschi cefalopodi (quindi anche calamari), ai mammiferi marini e di conseguenza, anche all’uomo.
Quando si consuma pesce crudo, oppure pesce trattato con sistemi scarsamente efficaci come la marinatura, l’affumicatura o la salagione, il rischio di ingerire il parassita ancora vivo, è elevato. Se questo accade, i piccoli vermi tondeggianti si insinuano e/o nello stomaco e/o nell’intestino. Alcuni saranno eliminati con il vomito o con le feci, altri, spesso, si insediano a livello dei tessuti degli apparati suddetti, provocando granulomi, ascessi e perforazioni che possono portare ad un quadro sintomatologico anche grave, che per essere risolto richiede uno o più interventi chirurgici.
Non esistono pesci a basso rischio, perchè sono moltissime le specie che possono essere parassitate dal nematode. A maggior rischio sono però pesci come le acciughe, il nasello, gli sgombri, i suri e il pesce spada.
In Giappone l’Anisakis colpisce molte migliaia di persone e, circa 3.000 ogni anno, subiscono un intervento chirurgico. I decessi sono qualche decina all' anno.
L’incidenza della malattia in Italia non è nota, ma è maggiore al sud. Ultimamente il numero di casi sembra essere in aumento nelle regioni che si affacciano sull'Adriatico. Le normative vigenti di riferimento sono il Regolamento UE 853/2004 e il Regolamento UE 854/2004.
I prodotti della pesca sopra elencati, alla loro immissione sul mercato, devono essere accompagnati da una attestazione del produttore che indichi il trattamento al quale sono stati sottoposti, salvo qualora siano forniti al consumatore finale. Il Ministero della Salute con nota 4379 del 17/02/2011 pone chiarimenti in merito alcuni aspetti applicativi del Regolamento suddetto specificando che l’OSA che utilizza prodotti della pesca refrigerati, al fine della produzione di prodotti crudi o praticamente crudi, deve dimostrare che i trattamenti in uso, qualunque essi siano, garantiscono l’uccisione di tutti i parassiti eventualmente presenti nel prodotto pronto al consumo.
Così come prevede il regolamento CE 1020/2008, anche nella vendita al dettaglio devono essere rispettati i requisiti specifici relativi ai parassiti e quelli concernenti l’esame visivo per la loro ricerca in conformità a quanto previsto nel Reg. 853/2004; specificando che qualora l’OSA dovesse effettuare operazioni di sfilettatura e/o affettatura dovrà sottoporre gli stessi a controllo visivo così come previsto dal Regolamento CE 2074/2005. In base all’Art. 6, comma 5, del Decreto legislativo n. 193/2007, la somministrazione di pesce crudo, nel mancato rispetto del Reg. (CE) 853/2004 (All. III, Sez. VIII, Cap. V, lett. D) e del Reg. (CE) 852/2004 (All. II, Cap. IX, comma 1), prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1000 ad euro 6000.
Nel caso in cui un esercizio di somministrazione acquisti prodotti della pesca già sottoposti al trattamento di cui sopra, dovrà richiedere al fornitore la prevista certificazione, da tenere in seguito agli atti ed esibire a richiesta agli organi di controllo. Se invece l’OSA applica tale trattamento direttamente presso l’esercizio di somministrazione, oltre a dover fornire le dovute garanzie, oggettivamente valutabili dalla autorità competente, di conformità ed efficacia del trattamento medesimo, dovrà predisporre una apposita procedura scritta finalizzata al controllo dei parassiti basata sui principi dell’HACCP.
Per concludere, se proprio siete dei fanatici del pesce crudo, non chiedete se il pesce è freschissimo, ma se è stato abbattuto per almeno 24 ore a temperature non superiori a –20°C.
Le raccomandazioni dell'EFSA sono le seguenti: congelamento a -15°C per non meno di 96 ore oppure a -20°C per 24 ore. Cottura a 60°C al cuore del prodotto per almeno un minuto (il che significa max 5 minuti per le alici e almeno 30 minuti per un filetto di tonno).
Negli ultimi anni studi di settore hanno complicato il problema avendo dimostrato la presenza di allergeni nelle larve Anisakis particolarmente presenti a livello cuticolare. Gli stessi sarebbero resistenti alle temperature di cottura e di congelamento e potrebbero persino diffondersi nei tessuti del pesce infestato. Tale nuova problematica igienico- sanitaria, ovviamente, non può essere superata dalla sopra citata legislazione vigente e, dunque, risulta fondamentale implementare ed amplificare i canali di collaborazione tra operatori del settore, servizi di controllo e media al fine di monitorare il fenomeno ed informare in maniera più esaustiva i consumatori sull’effettivo pericolo Anisakis.
Tratto in parte da DESCRIZIONE DI UN CASO DI ANISAKIS - Professione Veterinari n. 25 del 10 luglio 2011.
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